La scuola non è un parcheggio
Esiste un vocabolario dell’orrore che comprende una molteplicità di termini e locuzioni usati ma soprattutto abusati, a cui di solito l’interlocutore ricorre per dimostrare la propria appartenenza al mondo dei giusti, a quella categoria mistica di chi ha sempre ragione, di chi la sa più lunga, insomma, e ti spiega il mondo. Ne sono esempi i sostantivi stigma, kermesse, l’ormai nauseante resilienza di Rutter, verbi come “normalizzare” (per vincere il premio banalità preferibilmente usato in abbinamento con stigma, es. “bisogna normalizzare x contro lo stigma di y”) e tutto quell’insieme di inglesismi tipo cringe o boomer a cui di solito ricorrono solo cringe e boomer impegnati nel disperato tentativo di dimostrare di non essere cringe e boomer.
Tra questi, l’immancabile “la scuola non è un parcheggio”, utilizzata come risposta universale a banali interrogativi quali: “se la materna chiude ai primi di giugno e io lavoro fino a metà agosto, dove lascio il bimbello?”.
Ora, che la scuola non sia un parcheggio mi pare pacifico. Come in effetti non è neanche un supermercato, un centro commerciale o una piscina.
Stabilito per sottrazione quindi che, quantomeno dal punto di vista ontologico, una scuola non è un parcheggio, quale sarà mai il senso di questa affermazione?
Mi si risponderà che “certo, non si intende un parcheggio in senso letterale, è una similitudine”.
Se però in ogni leggenda (in questo caso similitudine) c'è un po' di verità, allora vorrei sapere dove sono ubicati questi famosi parcheggi in cui, a differenza che a scuola, si possono abbandonare i bambini.
Io al massimo ripenso a quando, nel mezzo dell’ennesimo capriccio di Cloe (capriccio che una madre montessoriana avrebbe saputo gestire), per qualche istante ho desiderato lasciarla all’autogrill, cosa che non ho fatto perché forse esiste il famoso istinto materno ma soprattutto perché, cosa che in molti si dimenticano quando parlano di soluzioni per la scuola, l'abbandono di minore è un reato.
Anche pensando che la scuola stia ai parcheggi come i bambini stanno alle macchine, mi risulta che non esistano neanche parcheggi, a parte forse quelli dell’aeroporto, dove si possa lasciare l’automobile incustodita per lunghi periodi.
Forse in effetti l’unica vera similitudine esistente tra parcheggi e scuole è il costo, esorbitante.
E qui veniamo al punto: non sarà che quella che appare una scemenza dal punto di vista letterale ma anche retorico è, in effetti, una scemenza?
Non sarà che “la scuola non è un parcheggio” è l’ultimo rifugio di chi non sa dare risposte complesse a problemi complessi e desidera buttare la palla in tribuna (altra frase abusata per cui io stessa meriterei la censura)?
Capisco che ormai viviamo in un mondo in cui “non lo so” non è una risposta socialmente accettabile, ma resta preferibile a una scuola/parcheggio qualsiasi.
Almeno è onesta.
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