La scuola non è un parcheggio

Esiste un vocabolario dell’orrore che comprende una molteplicità di termini e locuzioni usati ma soprattutto abusati, a cui di solito l’interlocutore ricorre per dimostrare la propria appartenenza al mondo dei giusti, a quella categoria mistica di chi ha sempre ragione, di chi la sa più lunga, insomma, e ti spiega il mondo. Ne sono esempi i sostantivi stigma, kermesse, l’ormai nauseante resilienza di Rutter, verbi come “normalizzare” (per vincere il premio banalità preferibilmente usato in abbinamento con stigma, es. “bisogna normalizzare x contro lo stigma di y”) e tutto quell’insieme di inglesismi tipo cringe o boomer a cui di solito ricorrono solo cringe e boomer impegnati nel disperato tentativo di dimostrare di non essere cringe e boomer. Tra questi, l’immancabile “la scuola non è un parcheggio”, utilizzata come risposta universale a banali interrogativi quali: “se la materna chiude ai primi di giugno e io lavoro fino a metà agosto, dove lascio il bimbello?”. Ora, che la scu...