Canzoncine trucide
Una volta sulla spiaggia ho visto un bambino di 2-3 anni costringere i genitori a intonare sette volte consecutive "il coccodrillo come fa"; appena i due mostravano segni di cedimento, lui li richiamava all'ordine colpendoli con la paletta.
Ma veniamo al punto: tra il duecentodecimo e la duecentoundicesimo "ancora mamma!" vi siete mai soffermati a riflettere sul testo? Io sì, e mi sono resa conto di un fatto alquanto misterioso (o forse, come vedremo alla fine, non così misterioso): molte canzoncine della nostra tradizione sono in realtà un vero e proprio condensato di violenza; risse, incendi dolosi, castelli distrutti, animali che fanno una brutta fine, befane che portano via i bambini. Una strage tale da far sembrare Criminal Minds un allegro programma di cucina. Vediamone alcuni esempi:
Alla fiera dell'Est: questa canzoncina parte male fin dal principio: tra tutti gli animali proprio un topo doveva comprare il papà? Andando avanti con le strofe la situazione peggiora ulteriormente e ben presto ci si rende conto che questa canzone altro non è che una catena di Sant'Antonio dove al posto di "Gesù esaudirà le tue preghiere se invii a dieci amici" vengono elencati svariati modi per trucidare il prossimo. Ecco l'ultima strofa: "e infine il Signore sull'angelo della Morte sul macellaio che uccise il toro che bevve l'acqua che bruciò il bastone che picchiò il cane che morse il gatto che mangiò il topo che al mercato mio padre comprò". Serve aggiungere altro?
I due leocorni: non esiste persona sulla terra che non abbia cantato almeno una volta la prima strofa di questa canzoncina apparentemente innocua, mimandone i vari animali. Forse non tutti sanno, però, che il finale di questa canzone è più deprimente di quello di How i met your mother. Arrivando all'ultima strofa, infatti, si scopre che Noè non è altro che un sadico e che i due poveri leocorni (o liocorni?), in ritardo all'appuntamento per l'arca, vengono lasciati affogare sotto il diluvio. "E mentre continuava a salire il mare, e l'arca era lontana con tutti gli animali, Noè non pensò più a chi dimenticò, da allora nessuno vide i due leocorni". Avete capito Noè?
Oh che bel castello: questa è tra le mie preferite; racconta di due gruppi di bambini che discutono su quale dei loro due castelli sia il più bello. E fin qui, niente di male; peccato che per riuscire a prevalere gli uni sugli altri finiscano per scatenare la terza guerra mondiale: tra castelli bruciati, razzi lanciati, cannoni sparati alla fine ci si ritrova non si sa come nella Berlino est del dopoguerra.
Fate la nanna coscine di pollo: immaginate di essere immersi nella nebbia più fitta, un buio pomeriggio di fine novembre ai margini di un quartiere industriale. Ecco, "coscine di pollo" sarebbe la perfetta colonna sonora. Più che di una ninna nanna, infatti, si tratta di un vero e proprio requiem. Bastano due versi e vi sale la tristezza persino per il pesciolino rosso morto tragicamente quando avevate quattro anni. Comunque, il destino ha voluto che io la imparassi a memoria; e con destino intendo mia madre, nonostante lei neghi e sostenga di non avermela mai cantata.
Le cinque scimmiette: la canzone è semplice; cinque scimmiette saltano allegramente sul letto finché non inizia la morìa e una ad una cadono giù "rompendosi il cervelletto". Insomma, una melodia allegra fa da colonna sonora a un massacro che si conclude con un pavimento ricoperto di materia cerebrale. C'è da dire però che almeno questa canzone ha il lieto fine: arriva il dottore che miracolosamente le resuscita per spedirle a dormire.
Ninna nanna ninna oh: è curioso che si tratti di una ninna nanna, perché sono piuttosto sicura che se i bimbi a cui viene cantata ne capissero il significato probabilmente non dormirebbero mai più. Una mamma si domanda a chi possa affidare il suo bambino, e fin qui mi sento di solidarizzare ampiamente con lei; il tempo per se stesse è fondamentale, anche da mamma. Però, ecco, mi chiedo quale crimine imperdonabile possa aver commesso un povero bambino per essere affidato per un anno all'uomo nero.
Come mai un simile condensato di orrore? Recentemente un eminente psichiatra che ho interpellato mi ha spiegato che le canzoni per bambini hanno il compito di abituarli con dolcezza alle brutture del mondo. La mia amica B., psicologa e madre, sostiene invece che rappresentino un modo per sublimare il nervosismo tipico della vita da mamma. Insomma, cantare amorevolmente al nostro bambino che lo lasceremmo volentieri all'uomo nero per un tempo indefinito aiuta a sfogare lo stress accumulato dopo due ore in cui il nostro dolce frugoletto ci strillato ininterrottamente.
Non so voi, ma io propendo per la seconda ipotesi.
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