Mamma artificiale
Premesso che c'è sempre qualcuno che ha da ridire su come, quando, dove e per quanto una mamma allatta, sono dell'idea che le donne che scelgono il biberon siano vittime di una particolare forma di pregiudizio sociale che le identifica immediatamente come mamme di serie b. Io stessa l'ho pensato più di una volta di me, quando ho scelto di non allattare; perché? Forse perché esiste una sottile ma sostanziale differenza tra sostegno all'allattamento al seno e fondamentalismo, ma non sempre chi si incontra in ospedale o altrove sembra esserne consapevole.
Del resto già durante il corso preparto che frequentavo sembrava di assistere alla propaganda comunista di Mao Zedong: video che mostravano neonati scalare il ventre materno e attaccarsi al seno da soli, ripetuti riferimenti alla naturalità del latte che ne illustravano le doti straordinarie (protegge dalle malattie, è digeribile, buono, perfetto, praticamente l’alimento più miracoloso dopo l’acqua di Lourdes), continui richiami al seno come "coccola, legame speciale, essenza stessa dell’essere madre”. Grande spazio era poi dedicato all’obbligo di allattare il bimbo solo a richiesta, meglio tendendolo attaccato sempre, sempre e per sempre. Il concetto che una donna possa amare suo figlio anche se non desidera vivere in simbiosi con lui 24 ore al giorno non era contemplato. Più volte, anche dopo il parto, mi sono sentita ripetere: "qualunque sia il bisogno di sua figlia lei la attacchi al seno che quello risolve tutto".
Ora, capirete anche voi che in questo contesto una mamma che, per qualsiasi motivo, non può allattare, sceglie di non farlo o di farlo con modalità diverse da quella a richiesta si trova ad affrontare sensi di colpa tali che La lettera scarlatta in confronto è un romanzetto rosa per adolescenti. Solo che la “a” non sta per adultera ma per allattamento artificiale.
Io sono arrivata al parto pensando che allattare fosse facilissimo e che le eventuali difficoltà fossero trascurabili e comunque molto rare. Ero convinta che Cloe si sarebbe tranquillamente attaccata e via.
E invece… per me l’allattamento è stato un parto dopo il parto.
Ammiro ancora l’ostinazione con cui le puericultrici del nido tentavano di convincermi che andava tutto benissimo: quando, disperata per le ragadi e i pianti incessanti di Cloe, chiedevo aiuto, mi ripetevano sorridendo: “ma no, signora, sua figlia è una campionessa dell’attaccamento! Sopporti un po'!”, e passavano oltre. Avete presente quando date indicazioni a un turista straniero e lui vi guarda sorridendo, per poi incamminarsi nella direzione opposta? Ecco. Non dimenticherò mai il giorno in cui ho seminato il panico domandando a una scandalizzata infermiera pediatrica se, a parte attaccarla al seno, esistevano altri strumenti per rispondere ai bisogni di mia figlia. E’ rimasta lì, pietrificata, come se le avessi chiesto di dirmi così, su due piedi, la sua opinione sul conflitto israelo-palestinese.
E così io restavo lì, alle due di notte, con il solo appoggio di quel poveretto di mio marito, a soffrire le pene dell’inferno e a sentirmi anche in colpa, come se le meraviglie dell’allattamento a me fossero negate perché non ero in grado di sopportare il dolore. Del resto, come recita il motto di un famoso gruppo di sostegno, “tutte possono allattare, basta volerlo”. Quindi, se non ci riesci, è perché non l’hai voluto abbastanza, non hai sopportato abbastanza, non sei stata, insomma, una Brava Mamma che si immola e si sacrifica.
L’aspetto peggiore dell’intera vicenda è che nel post parto anche una donna con la personalità di Angela Merkel può facilmente sentirsi inadeguata. Io pensavo non esistesse madre peggiore di me, perché invece di vivere l’allattamento con la gioia che ci si doveva aspettare, mi ritrovavo a sperare che Cloe dormisse il più a lungo possibile, fino alla prima elementare magari; vivevo con terrore il momento in cui l’avrei attaccata e sarebbe ricominciato il solito incubo di dolore atroce (mio) e pianto disperato (suo). Di darle il ciuccio, oggetto demoniaco secondo la puericultura contemporanea, non se ne parlava neanche, e così altro non restava che la disperazione e l’acquisto compulsivo. Cuscini per l’allattamento, coppette assorbilatte, tiralatte manuale anzi no meglio elettrico, pomata per le ragadi, paracapezzoli. Andai avanti così per diverse infernali settimane, finché, al termine di una notte particolarmente difficile, l'Angela che vive in me si risvegliò, gettando queste belle teorie e tutta la paccottiglia acquistata nell’unico posto in cui meritavano di stare: nella spazzatura.
La mattina successiva comprai il ciuccio e una bella confezione di latte artificiale. Allora non lo sapevo ancora, ma fu quel giorno che decisi che se non sapevo ancora che madre fossi, di sicuro avevo capito che madre non volevo essere: una che si immola sull’altare di un modello prestabilito, finendo per sacrificare non solo il proprio benessere ma anche quello di sua figlia.
Con il tempo imparai a distinguere tra i vari bisogni di Cloe e a conoscerla; pian piano diventò tutto più facile, persino ignorare le domande che tutti, ma proprio tutti, rivolgono a una neomamma: “allora allatti tu? No? E Perché? Guarda che perdi tantissimo del rapporto con tua figlia”. Come se fosse normale informarsi (e giudicare) con tanta naturalezza e insistenza circa una questione che, chissà per quale ragione, a me sembra piuttosto intima. Mi chiedo se quelle stesse persone parlerebbero altrettanto volentieri dei loro problemi di prostata, della menopausa o della frequenza con cui hanno rapporti sessuali.
Oggi posso dire che non rimpiango niente di quella decisione. Certo, mi dispiace che l'allattamento non sia andata come mi aspettavo, ma non penso di essere una mamma di serie b né che il rapporto con mia figlia sia in qualche modo meno speciale, meno profondo. Ma è stato molto difficile smettere di colpevolizzarmi;
Forse bisognerebbe cominciare a dire a una neomamma che ciò conta davvero non è allattare "a ogni costo", ma scoprire quell'equilibrio unico, originale e irripetibile che rende felice lei e il suo bambino, un equilibrio che non sarà mai il frutto di un modello prestabilito.
Per fortuna.
Bellissimo post, grazie!
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